Il 27 gennaio 1945 venne liberato il campo di sterminio di Auschwitz, svelando al mondo l’orrore dell’Olocausto. Da quel giorno, il 27 gennaio è divenuto simbolo universale di memoria e riflessione, istituzionalizzato in Italia nel 2000 come "Giorno della Memoria".
Ricordare la Shoah non è solo un tributo alle vittime – milioni di ebrei, uomini, donne, anziani e bambini, insieme a minoranze etniche, oppositori politici e altre categorie perseguitate – ma un monito per le generazioni presenti e future. È il richiamo alla consapevolezza che l’odio razziale, la discriminazione e l’indifferenza possono condurre all’annientamento dei valori fondamentali della dignità e dell’umanità.
Anche l’Italia ha avuto un ruolo drammatico in questa pagina oscura della storia, partecipando con le leggi razziali del 1938 alla persecuzione e alla deportazione degli ebrei. Luoghi come la Risiera di San Sabba ci ricordano che anche sul nostro territorio si è consumata questa tragedia.
Celebrare il Giorno della Memoria non è solo un atto formale, ma un’occasione per riflettere su come proteggere i valori democratici e i diritti fondamentali. Come ci insegna Primo Levi, “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Questo è l’impegno che dobbiamo assumere: trasmettere alle nuove generazioni gli insegnamenti di quella tragica esperienza affinché gli orrori del passato non si ripetano mai più.
Oggi, in un mondo sempre più globalizzato, è fondamentale costruire una convivenza basata sul rispetto reciproco e sull’accettazione delle diversità. Mai più devono prevalere ideologie che giustificano la discriminazione, la violenza e la sopraffazione.
A ottant’anni dalla liberazione di Auschwitz, il ricordo non è solo memoria storica, ma un dovere morale e civile. È l’impegno quotidiano contro ogni forma di odio e intolleranza, nella consapevolezza che ogni gesto, anche il più piccolo, contribuisce a costruire un futuro migliore.
Viterbo, 27 gennaio 2025
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